Alzati e imbuca!

27 Novembre 2023 0 Di Stefano Ricchiuti

ALZATI E IMBUCA!

Alzati e imbuca…
L’uomo e la resilienza, l’individuo e la sua capacità di affrontare e superare un evento traumatico, sarà questo il tema di oggi.

E non si parlerà, nell’ambito del golf, della capacità di passare da un bogey a un birdie da una buca all’altra, bensì di drammi veri, importanti, capaci di mettere in ginocchio la tempra di chiunque.

Di fatto alcuni tra gli essere umani – ovvero coloro che in qualche modo sono riusciti a far proprio il celebre motto latino ‘per aspera ad astra’, ovvero ‘attraverso le asperità per giungere le stelle’ – hanno dimostrato di possedere quella tenacia che li ha condotti da una potenziale difficoltà a un ulteriore stimolo utile alla propria affermazione.

La storia del golf trabocca di vicende legate a questa forza di volontà in grado di invertire le conseguenze di un destino beffardo.

Non arrendersi mai: imbuca.

Che dire ad esempio di Calvin Peete, considerato uno dei più forti giocatori di colore americani prima dell’avvento di Tiger Woods? Molti sono a conoscenza delle sue 12 vittorie sul PGA Tour, ma pochi sono coloro che sanno spiegarsi il motivo del suo swing così particolare, con il braccio sinistro visibilmente flesso al momento dell’impatto. Ciò che successe è che quando era bambino il piccolo Calvin cadde da un albero rompendosi il braccio sinistro, braccio che – in mancanza di soldi – non venne fatto visitare da un medico, guarendo così alla meno peggio. Il Calvin Peete adulto e giocatore dovette quindi rinunciare a un’ottimale ampiezza dell’arco dello swing, nonché all’ideale linea di compressione al momento dell’impatto con la palla. Ciò che ne beneficiò fu tuttavia il principio della connessione dello swing, ovvero quella capacità di far agire insieme (e quindi in maniera particolarmente efficace) gli arti superiori e il corpo durante il movimento. Quel braccio rattrappito, attaccato al torace, evitava infatti che le parti essenziali del gesto atletico potessero viaggiare in maniera slegata tra loro, e quindi risultare inefficaci. [1]

Calvin Peete

Diventa inarrestabile.

Ancor più celebre è probabilmente il caso del grande giocatore texano Ben Hogan, campione che per ben due volte dovette abbandonare la leadership golfistica a causa di eventi indipendenti dalla propria volontà, come lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale (con il suo conseguente reclutamento) e il fatidico incidente in automobile avvenuto nel 2 Febbraio del 1949, evento che quasi gli costò la vita e che gli fece paventare un futuro in sedia a rotelle. Eppure, vuoi per un pizzico di fortuna, vuoi per un’enorme forza di volontà giustamente passata alla Storia, a soli undici mesi da quel triste giorno – claudicante e sofferente – Hogan tornò ad allenarsi sui verdi prati del campo da golf e a vincere lo U.S. Open del 1950, primo di una lunga sfilza di tornei conquistati da lì in avanti. [2]

Ben Hogan

Alzati e imbuca… ad ogni costo

Altro caso famoso è ancora quello di Paul Azinger, anch’egli giocatore statunitense che a soli 33 anni ricevette la terribile diagnosi di un linfoma alla spalla, malattia che come è ovvio avrebbe potuto mettere fine non solo alla sua carriera, ma anche alla sua stessa vita. Eppure anche il buon Paul uscì vittorioso da quella brutta vicenda, tornando sia alla ribalta come giocatore, che come capitano capace di guidare gli Stati Uniti alla vittoria nella Ryder Cup del 2008, a Louisville, nel Kentucky.

E infine che dire di lui, della tigre, dell’uomo che dall’ormai lontano 1997 ha rivoluzionato il mondo del golf? Per la cronaca Mr. Tiger Woods ha subito nel corso della carriera cinque interventi al ginocchio, cinque alla schiena, uno alla caviglia e speriamo davvero sia finita qui.

Tiger Woods and paul Azinger

Una delle rivalse più importanti della sua vita da sportivo si è verificata quando, a seguito dei tanti infortuni e delle lunghe degenze, il golfista californiano continuava a esser dato da tutti (compreso dal patron del LIV ed ex numero uno del mondo, Greg Norman) come incapace di tornare a vincere, ancor meno se in un Majors.

Era la domenica del 14 Aprile del 2019.

Tiger, alla diciottesima buca del campo dell’Augusta National in Georgia, imbucava il suo ultimo putt per aggiudicarsi la sua quinta giacca verde e il quindicesimo Majors, tornando così nell’Olimpo dei grandi.

Poco tempo dopo fu fatto vedere allo stesso Tiger un video che raccoglieva tutte le opinioni negative nei suoi confronti da parte dei vari detrattori di cui sopra.

«Tornerà a vincere?»

«No!»

«Vincerà di nuovo un Majors?»

«Questo è impossibile!»

Il piccolo sorriso finale del neo laureato campione Masters 2019 vale senz’altro un brivido lungo la schiena. [3]

 

 

 

 

[1] https://youtu.be/Df53H60XTFU?si=EzSz_Cfp_iyprPkX

[2] https://youtu.be/K59-7oC8E5U?si=ExqS7kZgubK1m3d-

[3] https://youtu.be/Fue0sQs5jtI?si=5pujbVcZEfWoKlKw

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Autore

  • Stefano Ricchiuti

    Ricordo che quando ero bambino irridevo chi si dedicava al gioco del golf, così per come lo potevo osservare in televisione in quelle prime e rarissime trasmissioni condotte dai veri precursori mediatici del nostro sport in Italia. Poi passò qualche anno e, rivedendo casualmente quegli strani movimenti sul piccolo schermo, improvvisamente, così, dal nulla, rimasi folgorato. Più che di un colpo di fulmine si trattò di un vero e proprio colpo di golf, o perlomeno di alcune mie prime fantasie a riguardo, di me che ad esempio tiravo un ferro medio dal centro di un qualche fairway, producendo una palla con un leggero fade che poi atterrava dolcemente sul green, sparendo in quella lontana buca segnalata dall’asta e dal garrire del suo drappo purpureo. Non ho mai giocato a golf per hobby, questo va detto: da quel fatidico giorno decisi che avrei voluto diventare un professionista, e che mi sarei allenato anche fino allo sfinimento per riuscirci. Il caso ha voluto che il quarto e ultimo giorno della famigerata prova per essere ammessi alla Scuola Nazionale Professionisti ritrovai nel mio terzetto proprio il mitico Andrea Benassi, ragazzo che ai tempi conoscevo molto poco. Quel giorno, ricordo, non c’era molto tempo per sorridere, proprio poiché la tensione e la posta in palio si davano da fare per divorare la tempra dei vari giocatori. Eppure, dopo anni, eccoci qui! Per ciò che riguarda la mia carriera da professionista e da insegnante mi verrebbe per prima cosa da ringraziare le infinite e belle persone che ho incontrato lungo il mio percorso di crescita. Il fatto è che l’elenco sarebbe davvero troppo lungo, e il rischio di dimenticarne qualcuna troppo grosso. Personalmente cerco comunque sempre di farlo in privato, poiché doveroso. Su di me posso ancora dire di aver scritto tre libri sulla tecnica e sull’aspetto mentale del golf, avendo la fortuna di essere stato pubblicato in due occasioni dalla casa editrice di sport più importante in Italia. Con tutti e tre i manuali ho potuto raggiungere il primo posto in classifica tra i 100 bestseller di settore su Amazon, e per uno di essi (ovvero per: “I 50 migliori esercizi per un grande golf”) ho ricevuto la menzione speciale da parte del CONI, del Presidente Malagò e del Presidente della FIG Franco Chimenti, evento che in settant’anni non era mai accaduto a un testo sul golf ed onore che in passato aveva riguardato protagonisti e penne famose del giornalismo, come quelle di Faustino Coppi e di Gianni Clerici. Sono stato opinionista e ospite in alcune trasmissioni televisive e radiofoniche, ho gestito per tre anni un campo in Piemonte, e nel corso della mia carriera ho aiutato più di un allievo nel proprio percorso di passaggio al professionismo. Ritengo da sempre questo sport come una scuola di vita: la più frustrante ma magnifica esperienza che si possa provare.

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